Editore: Neri Pozza
Anno: 2024
Pagine: 304
Acquista su Amazon
Acquista su Mondadori
Acquista su ibs

E TI CHIAMERANNO STREGA

A guardarlo da lontano, il castello di Fiè allo Sciliar sembra un luogo da fiaba. Scolpito nell’onice bianco, si staglia maestoso sul cielo cobalto di una valle delle Dolomiti e pare custodire le case che lo circondano.
Nessuno penserebbe che tra quelle mura imponenti sia stato perpetrato un crimine orrendo, si sia svolto uno dei processi più drammatici del Cinquecento e trenta donne innocenti abbiano perso la vita sul rogo.
E invece le streghe dello Sciliar sono state incarcerate nelle minuscole celle dei sotterranei del castello, sono state chiamate amanti del demonio, torturate, sono state loro estorte confessioni false, volte solo a far terminare il supplizio. E non sono state piante da nessuno, perché provare compassione per quelle donne dannate avrebbe significato autoaccusarsi.
Barbara Vellerin è una di loro. Cresciuta dalla madre ai margini del villaggio per stare a contatto con la natura, i suoi primi anni di vita sono stati un incanto, tra lo studio delle piante e la cura dei bisognosi. Poi tutto è cambiato, il sospetto si è fatto strada negli occhi di coloro che prima richiedevano i suoi medicamenti e le idee di un manipolo di religiosi, per i quali ogni donna è una potenziale strega, si sono diffuse nella valle come una peste.
Cinquecento anni dopo, Arianna Miele vince un concorso come curatrice di una mostra sulle streghe dello Sciliar. È la sua occasione per iniziare finalmente la carriera da antropologa che desidera, per rendersi indipendente da una famiglia che da sempre cerca di soffocarla e per dimostrare, soprattutto a sé stessa, il proprio valore.
Non può sapere che, riportando alla luce le vite di un gruppo di donne che per lei all’inizio non sono altro che una lista di nomi, scoprirà una verità scomoda sull’eroe di quelle parti, il capitano del Tirolo Franziskus von Stauber, e riuscirà a dar voce, lei che una voce non l’ha avuta mai, a una donna innocente, messa a tacere dall’ipocrisia e dalla crudeltà.
Sono qui da ore a parlare con questa terra nera impregnata di Anna. È stata una notte di luna e di vento, il ventre teso mi sbilancia. Ieri, quando l’hanno bruciata, qualcuno ha condotto i suoi figli a vedere. Non hanno pianto, anche se la gente gridava: «Bruciate i figli del diavolo!»
E io mi chiedevo: perché non piangono? Riconoscono la madre in quel gomitolo di nervi e carne, in quelle braccia penzoloni e in quelle labbra spezzate? Riconoscono la testa rasata, le caviglie straziate dagli strattoni della corda?
Sono venuta a cercarli. Non li ho trovati. Mia sorella Sonne dice che le ossa dei bambini di Anna già concimano la terra, come le ossa di tutti.
Ma oggi è un grande giorno. In piazza panettieri, pizzicagnoli, vinattieri e macellai contrattano coi cuochi del capitano. La merce migliore sia portata al castello, vanno dicendo; stasera sarà festa grande, così ha ordinato il capitano, signore della valle. Cento saranno le torce a illuminare la sala del banchetto, una per ogni dama che danzerà fino a notte fonda.
Fatico a camminare per tornare a casa. I miei pensieri sono interrotti dal corno del maestro che ha intonato l’Halali, il Gran Saluto. Il suo suono melodioso riecheggia nella valle, annuncia l’apertura della caccia. Cavalieri, battitori e tiratori pronti per il giorno di festa. Tutto il paese è in fermento. Gente foresta si è confusa con gli abitanti: donne, uomini e uno sciame di bambini, arrivati per vedere il corteo del capitano di Fiè, rumoroso e variopinto. La mattina è calda, gli uccelli cantano, ignari che presto frecce e dardi colpiranno all’impazzata per spezzare le loro ali. Chiunque possiede un cane batterà i boschi per spaventare lepri e caprioli, camosci e cervi. Orsi e lupi verranno cacciati.
E le ultime streghe rimaste.
Vi diranno che erano malvagie: mentiranno. Erano donne gentili e abituate al dolore, pronte a togliersi il pane di bocca per proteggerti. Donne rabbiose, perché quando sei sola ti devi difendere. Donne ingenue, come a lungo sono stata io: conosciamo cose che nessuno conosce, e di cui hanno bisogno, è questo il nostro valore, e non vorranno farne a meno, dicevo. Mi sbagliavo.

Katia Tenti